Siamo fatti della stessa sostanza del lamento
Ogni conversazione con gli amici o un semplice come stai diventano il principio di una serie infinita di lamentele? Accomodati 💅🏻
Prima di iniziare ci tenevo a dire una cosa: GRAZIE. Se leggi questa mail è perché sulla fiducia hai scelto di iscriverti alla mia newsletter e non è scontato che tu lo facessi. Anche perché si tratterebbe dell’ennesima newsletter nella tua casella di posta, scritta da una delle migliaia di persone che ha deciso di svegliarsi una mattina e dire: “Beh, sai che c’è? Apro una newsletter anche io”.
Siccome quando distribuivano il tempismo, la logica e l’arte della strategia io probabilmente ero intenta a lamentarmi di qualcosa, ho avuto la geniale idea di lanciare Cose, a caso a ridosso delle vacanze (pacca sulla spalla, PAT PAT). Per questo, ho pensato di partire leggerissimi con una newsletter rapida e indolore (questa che leggi) prima delle ferie, giusto per non darti il tempo di dimenticartene.
RIPARTIAMO ufficialmente - come con la vita - dal 31 agosto!
UN, DUE, TRE, prova, prova… Iniziamo!
💁♀️ Lamentarsi è uno stato d’animo
Mi alzo la mattina e sbuffo, mi vesto, mi lavo i denti (non in questo ordine), preparo la borsa, e sbuffo. Ormai è parte di me, un gesto automatico e routinario, come bere un bicchiere d’acqua o lavarsi la faccia. Per me svegliarsi e iniziare una nuova giornata equivale a battezzarla con una serie cadenzata di sbuffi. Questo non significa che ogni giornata sia un disastro, anzi, nella maggior parte dei casi non lo è affatto.
Ma allora perché sbuffo così tanto? Ci ho pensato a lungo e quello che ho capito è più o meno questo: è un momento di riconnessione, di pensiero ma anche un atto totalmente inconsapevole che mi permette di buttare fuori, arieggiare, sentirmi più leggera, riempire i vuoti.
Al di là della mia dimensione personale ho cercato di guardarmi intorno perché - va bene che siamo una massa di individualisti - ma forse quello che succede a me succede anche ai miei coetanei e oltre. Il risultato è stato rendermi conto che lamentarsi è un argomento “comodino”, un meraviglioso apripista per conversazioni tra amici davanti a un calice di vino, un terreno comune di intesa in cui sguazziamo, ci sentiamo capiti e ci piace crogiolarci. Abbiamo addirittura forgiato termini ed espressioni per rendere questa sensazione ancora più palpabile e iperbolica come: sono pien*, sono ras*, sto sclerando, odio tutti, sono mort*, che pienezza. Vi sento lamentarvi.
Una mia cara amica mi ha confessato (davanti a un cocktail abbastanza imbevibile) che le è capitato di sentirsi sintonizzata con una sua amica, in tutti questi anni, solo attraverso il lamento, come se solo quello fosse l’unico terreno comune d’intesa. Ho preso nota.
Ammetto di essere una grande maestra di lamenti tragici, è un’arte di cui non vado granché fiera, ma qualcuno dovrà pur farlo 🙋🏻♀️. Riconosco tra l’altro, che mentre lo faccio e assisto ai lamenti altrui mi sento compresa, alleggerita e penso di non essere la sola a sentirsi un po’ frustrata e schiacciata dalle cose.
In altri momenti, quelli in cui rinsavisco dalla frenesia milanese e dal dover per forza “essere qualcuno e fare qualcosa”, mi sono trovata a pensare: e se fossimo tutti vittime solo dell’ennesimo atteggiamento appreso dall’esterno? Se ci lamentassimo perché vediamo farlo agli altri e nel farlo ci sentiamo parte di qualcosa di più grande? Ci sentiamo sintonizzati con gli altri. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, si tratta di semplice e puro busy bragging (il vantarsi di essere sempre occupati e quindi lamentarsi di conseguenza)?
Metto le mani avanti: non ho una risposta soddisfacente a questo quesito e non ho nemmeno le minime competenze per farlo. Eppure ho deciso di battezzare la newsletter con questo tema perché domandarselo e capire il perché ci lamentiamo è un bel passo avanti, per mettere in ordine le idee e vedere il tutto da una prospettiva più chiara, meno nera. Se doveste avere delle illuminazioni, naturalmente, parliamone! Io mi impegnerò a lamentarmi il meno possibile. Voglio provarci.
📚Prospettive collaterali
Un articolo di The Vision affronta la questione del busy bragging, con una chiave un po’ filosofica cervellotica da hipster milanese. Carino per approfondire il tema.
💡 Se Cose, a caso ti sta svoltando la vita, condividila con amici, parenti, conoscenti, tinder date o con la portinaia. In regalo: il mio amore!
🍭Melting pot
Letture, chicche e ascolti
Questo mese mi sono concessa un tuffo nel passato (anche se per un cancerino come me la nostalgia è pane quotidiano) dedicandomi a rewatch e riascolti.
✨Ho fatto binge (re)watching di GIRLS, la serie scritta e interpretata da Lena Dunham, in cui quattro ragazze sopravvivono tra una sfiga e l’altra e totalmente perse in un mondo che sembra respingerle a New York tra affitti da pagare, crisi esistenziali e serate folli. Niente a che vedere con Sex and the City: qui nessuna vive a Manhattan né sfoggia abiti firmati. In Girls gli appartamenti sono dei buchi in edifici sfatti e decadenti a Brooklyn, si vedono corpi, smagliature, ciccia, si fa schifo, ci si sente abbandonati, le amiche (a tratti) sono delle stronze. Quello che trovo geniale è proprio questo: la totale fattibilità e aderenza alla realtà. Chiunque potrebbe essere Hannah, aspirante scrittrice alle prese con le frustrazioni del cercare un lavoro decente, essere compresa, avere una storia tra tira e molla (con un Adam Driver agli albori che, in questa serie, mica male), pur essendo lei a tratti detestabile, egoista ed egocentrica. Insomma, una botta di realismo che ogni tanto mi manca.
👉Se non lo sapevi, ora lo sai. Lena Dunham ha scritto anche un libro “I’m not that kind of girl”, in cui racconta da una prospettiva personale le verità dell’essere una giovane donna oggi in un equilibrio traballante tra sanità mentale, lavori sottopagati e frustranti, rapporti da consolidare con gli amici e casi umani da cui divincolarsi, dimostrando, nel frattempo, di valere qualcosa.
✨ Ogni volta che mi scattano una foto inorridisco. Non sono fotogenica, punto. Per quanto lo specchio possa dire qualcosa, lo schermo dello smartphone mi rimanderà indietro un’immagine diversa e distorta che mi fa chiedere: “Ma sono davvero così? Quando da vecchia rivedrò queste foto cosa penserò della me a 30 anni?”. Poi ho letto 👉 questo articolo di Rivista Studio sul significato di bellezza e bruttezza nell’era di Internet e mi sono sentita meglio.
✨ Il mio ragazzo una sera mi ha obbligata a guardare Nimona su Netflix. Dopo aver inizialmente storto il naso, devo dire che mi sono dovuta ricredere. È un film d’animazione davvero delizioso, che rompe gli schemi del cartone animato tradizionale e in cui si ride (tanto) e in cui la diversità in tutti i sensi è il cuore pulsante. 👉Wired lo ha definito una perla da scoprire.
✨ Quante volte costruiamo intere conversazioni a colpi di meme, reels o video Tik Tok con gli amici? Bene, secondo una psicologa dell’università di Oxford, l'invio di meme e dei reel apporterebbe benefici sul piano della salute mentale e soprattutto rappresenterebbe una nuova forma di linguaggio che scegliamo di adottare con le persone a cui vogliamo bene. 👉 Lo spiega meglio di me questo articolo di Fem.
✨ A proposito di passato: chi si ricorda le cartoline? Amavo guardarle TUTTE fuori dai negozi sulla riviera ligure e soprattutto quelle con i brillantini super trash e con i paesaggi che non corrispondevano mai alla realtà. Che mancanza! Ma che fine hanno fatto? 👉 Il Post, come sempre, ci dà la risposta.
✨Mi è capitata tra le orecchie, Forever Young (vi agevolo la versione a cui mi riferisco) e sono tornata alle scuole medie:
A quei tempi la mia reference di stile era Marissa Cooper e il mio prototipo di ragazzo era l’incazzatissimo Ryan Atwood. Oggi a trent’anni suonati, la mia scelta ricadrebbe su Seth, ricciolino, sfigato, alternativo, ma dovevano passare 15 anni per capirlo.
La faccio breve: questa canzone racchiude uno stato d’animo e mi ricorda una delle fasi più spensierate della mia vita. Quella in cui si usciva sempre dopo scuola, c’era la compagnia di amici, i trilli di MSN e compravamo ancora i poster.
Era il principio del futuro, un’età in cui non ci saremmo mai sognati di rispondere a un come va nulla di diverso se non: DA DIO!
Questa prima newsletter è giunta al termine
Mi raccomando: prendi il sole, mangia frutta e verdura, idratati e goditi le vacanze, senza lamentarti! 🫶🏻
Ci sentiamo il 31 agosto! ☀️
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