Un bel visino e altri (non) complimenti 🗣️
Tutte quelle volte in cui essere donna, lavoratrice, indipendente e magari anche mediamente intelligente è un peso e - a tratti - un'incessante dimostrazione di valore
Ciao a tutt*, eccoci! Con un ritardo clamoroso torna un nuovo numero della newsletter. Come state? Io mi sento tramortita dal freddo, da questo novembre già “un po’ Natale” e già un po’ “la domenica chiusi in casa perché fuori piove”. Ma che si può fare? Niente, subiamo e aspettiamo giorni migliori: le luci, i regali, le lasagne e le repliche de Il Signore degli Anelli dal 24 al 26 dicembre in tv (my guilty pleasure da sempre).
Prima di iniziare due precisazioni tecniche: questo mese la newsletter uscirà ✨✨DUE volte✨✨ - oggi e a fine mese - sia per farmi perdonare per questo ritardo sia per punirmi per la mia cattiva gestione dei tempi (tra l’altro l’errore più basico per chi decide di avere una newsletter, ovvio) con una dose di ansia da prestazione in più. Così mantengo i livelli di cortisolo alle stelle e sono felice.
Bene, si comincia.
Un bel visino e altri (non) complimenti 🗣️
“Si vede che sei brava”, “La ragazza, questa bella signorina, questa fanciulla ”, “Hai la faccia di una che si impegna”: potrei continuare all’infinito, ma non lo farò. Queste sono solo alcune delle espressioni che più recentemente mi sono state rivolte in ambito lavorativo e non. Per non menzionare gli sguardi dall’alto verso il basso che fanno abbassare il mio, le braccia intorno alle spalle, il tocco sul braccio, le battute con doppi fini taglienti che ogni volta mi fanno bruciare il volto per la rabbia di non saper rispondere e per la paura che possa essere io a meritarmeli perché in un qualche modo ho istigato quel commento.
Non sono solo io, naturalmente, siamo in tante donne, lavoratrici e non, che ogni giorno si trovano ad affrontare ostacoli più o meno insormontabili circa la loro professionalità, intelligenza, piglio, valore, necessità, emozioni. Basta poco: un’occhiata, una parola, un’intonazione per farmi cadere la corazza e sicurezza che cerco di preservare almeno da quando sono adulta e nel concreto sono entrata nel mondo del lavoro.
Devi sempre validare chi sei, perché lo fai, essere stronza ma non troppo perché altrimenti vuol dire che non hai un uomo al tuo fianco che ti “fa sfogare”, eppure non puoi avere le palle (?) perché altrimenti sei un’incattivita, una che dovrebbe essere messa al suo posto perché come ti permetti ad avere una personalità, ad avere una voce, e magari potere? Tu che sei il sesso debole. Ce lo siamo sentito dire da sempre.
Ricordo che quando mi è capitato di cercare la parola sesso sul dizionario alle elementari tra le frasi e diciture di esempio compariva: sesso forte e sesso debole, quello maschile il primo e di conseguenza quello femminile il secondo. Avevo otto anni.
💡 Se Cose, a caso ti sta svoltando la vita, condividila con amici, parenti, conoscenti, tinder date o con la portinaia. In regalo: il mio amore!
Ho sempre pensato che certe cose mi fossero precluse proprio secondo quel principio per cui siamo state da sempre definite il sesso debole che per emergere ha bisogno di un riconoscimento o del consenso esterno maschile. Camminare di notte da sola, aprire un’azienda, comprare una casa, avere un’opinione che meritasse la pena di essere ascoltata. Poi un giorno l’illuminazione.
Camminavo per strada, passavo davanti a un bar davanti al quale sostava un gruppo di uomini. Come da tradizione, avevo abbassato lo sguardo, mi ero vergognata dei loro occhi fissi su di me - non tanto per il mio aspetto estetico ma per il fatto di essere un pezzo di carne con le fattezze femminili. Li avevo sentiti ammutolirsi per godersi lo spettacolo, e avevo trattenuto il respiro. Quando l’ho ripreso, come se fossi reduce dal giro della morte sulle montagne russe, li avevo sentiti ridacchiare, dire qualcosa che avevo deciso di non carpire.
Il battito del mio cuore era più intenso, 90 bpm, mi sentivo girare la testa. Anche questa volta avevo dovuto subire un’azione altrui e non volevo. Ero il sesso debole? No. Ero forte, fortissima. Perché per parare costantemente quei colpi, giorno dopo giorno, ora dopo ora, per strada o al lavoro, in coda al supermercato o alla fermata del tram ci vuole costanza, tenacia e coraggio. Devi coltivare la speranza che un giorno non sarà più così.
Per non farsi buttare giù da un messaggio di LinkedIn del manager x che ti ringrazia per l’intervista e ti mette delle emoticon di dubbio gusto, per non farti intimorire da quello per cui sei “questa bella fanciulla” e non la professionista che deve farti un’intervista e che viene pagata per quello, per non lasciarti scalfire dal complimento sulla tua professionalità che passa in primis dal menzionare che hai un bel visivo o che si capisce dal volto e dai lineamenti gentili che sei “in gamba” e “che ti dai da fare” non ci vogliono LE PALLE. Basta semplicemente essere una donna, e non è poco.
DISCLAIMER (1) necessario: Questo non è in alcun modo un attacco a tutta la categoria maschile ma un racconto della mia esperienza e di come spesso in ambito lavorativo il valore professionale femminile passi sotto la lente dell’apparenza e di come spesso sia più difficile farsi sentire e vedere. Non essere presa sul serio, giustificarsi, non credere nel proprio valore e essere oggetto di chat, commenti, violenze e molestie purtroppo ad oggi è all’ordine del giorno. Questo naturalmente non significa che tutti gli uomini siano così, anzi, la maggior parte non lo è, ma una porzione ancora sì ed è un problema. Sono anche felice però di conoscerne una buona manciata che quotidianamente mi fa credere che se ne possa uscire da questo tunnel.
DISCLAIMER (2): Uomini e donne all’ascolto, se doveste avere qualche esperienza da raccontare, di qualsiasi tipo, vi andrebbe di condividerla con me?
Ho in mente qualcosa, non ancora di concretissimo, ma con un po’ di materiale da cui partire potrebbe prendere forma. Potete scrivermi qui sotto nei commenti, su Instagram @alicegins o alla mia mail aliginosa@hotmail.it ✉️ ✉️ ✉️
Grazie!
🍭Melting pot
Letture, chicche e ascolti
Non so perché nelle ultime due newsletter mi sono un po’ lasciata prendere la mano e i tasti del pc. Mi scuso per non essere in grado di essere più breve, ma almeno vi grazio con un melting pot breve e indolore. Speriamo!
✨ La questione Israelo-palestinese è complessa, è una ferita aperta che come i lembi della pelle, dopo una ferita appunto, ti impone implicitamente di prendere una parte. Io non sono d’accordo e non è nemmeno questa la sede per farlo. Però per chi volesse leggere una riflessione che affronta il tema del pensiero binario in questo contesto e che ho trovato meritevole, vi condivido il post dell’editoriale di Concita De Gregorio su Repubblica. Finemente incisivo.
✨Tutt* sappiamo che è uscito il memoir di Britney Spears, no? Rivista Studio, in questo articolo, snocciola che cosa continua a non quadrare nella vicenda. Complotto, truffa, salute mentale: un mix devastante a cui a farne le spese è stata una persona fragile, accerchiata da un aura di mistero e da personaggi che a tutto hanno pensato tranne che al suo benessere.
✨Voi le dite le bugie? Io sì! Anche secondo Il Post: Mentiamo tutti, mentiamo spesso ma sembrerebbe anche che sono diverse le variabili che ci inducono a dirne di più o di meno.
✨Anche a voi Taylor Swift sta uscendo dalle orecchie? Siamo preda di un’ossessione? Fem ne spiega il fenomeno, tra Swift economy e testi delle canzoni relatable
✨Se dico Alexa Chung, vi suona? L’icona di stile britannica, in occasione dei suoi 40 anni, ha condiviso su Vogue una lista di consigli di vita, esattamente 40, accumulati in questi anni.
Un’altra newsletter giunge al termine. Ci sentiamo a fine mese con un nuovo numero e un nuovo tema. Prometto: leggerissimo.
Non ci resta che stringere i denti e attendere che Novembre, il mese più inutile dell’anno, ci saluti. Dai che mancano 47 giorni a Natale.
Non tanto per la festa ma per le ferie! 🎄🎄🎄
💡 Se Cose, a caso ti sta svoltando la vita, condividila con amici, parenti, conoscenti, tinder date o con la portinaia. In regalo: il mio amore!